In una conferenza stampa Giorgia Meloni ha affermato “non dirò mai che le tasse sono bellissime”. Noi lo diciamo, invece. Dire il contrario è da irresponsabili, soprattutto se sei la premier.
“A pagare e a morire c’è sempre tempo” – recita il famoso detto.
Pagare in effetti, di primo acchito, non è mai piacevole. Privarsi di qualcosa di tuo, anche fosse per ottenere qualcosa di immediato, ci mette nella condizione di dover scegliere. Ancor di più se la privazione del nostro denaro ci fa ottenere qualcosa di non immediato, spesso nascosto sotto i mille veli complessi della società.
Eppure cominciare a riprendere in mano una cultura della sostenibilità del bene pubblico dovrebbe essere una nostra priorità: a cominciare dal fatto che ci sono le tasse e ci sono le imposte. E Meloni, molto probabilmente, parla delle imposte chiamandole tasse. Al di là dei termini mainstream, quando parliamo di tasse parliamo di un costo che sosteniamo per un servizio che usiamo direttamente (come nel caso delle tasse universitarie, che paghiamo solo se frequentiamo l’università). Al contrario, si parla di imposte quando i soldi che ci vengono trattenuti vanno a contribuire al mantenimento della spesa pubblica, intesa come tutti quei servizi che possiamo anche non usare direttamente e in continuazione nel corso della vita (come ad esempio i servizi ospedalieri o la scuola pubblica). In questo senso le imposte non sono direttamente connesse all’utilizzo da parte nostra di quei servizi che vanno a sostenere e sono quindi una “scelta” economica di grande generosità dal patrimonio di ciascuno e ciascuna.
Tradotto: pagare le imposte è la strada migliore che possiamo intraprendere per garantire a tutti e tutte di avere un beneficio dalla comunità in cui viviamo. Grazie alle nostre imposte garantiamo non solo a noi stessi tutta una serie di servizi e opere che migliorano la nostra società. Pagare le imposte, quindi, è bellissimo: perché ci rendiamo responsabili della solidità del nostro Stato; possiamo dire fieramente che “grazie a noi” la nostra comunità cresce e si rafforza, garantendo a tutte e tutti un mondo più equo e solidale.
Ci saremmo aspettati una specifica da parte della premier: “non dirò mai che le tasse sono bellissime” se…
Così lo diciamo noi: le imposte sono bellissime se vengono spese in servizi misurabili non in quantità, ma in affidabilità e qualità. Ad esempio, non serve che sappiamo il numero esatto di sportelli dedicati agli adolescenti sulle fragilità di alimentazione: dobbiamo però essere sicuri che esistano e che qualcuno (il nostro Stato) se ne occupi egregiamente. Invece molto spesso si arriva a pensare che pagare le imposte sia bruttissimo perché ciò che viene fatto con il gettito di tali denari viene impiegato in una maniera spesso lontana dall’opinione pubblica, da ciò che i cittadini possono toccare con mano, spesso in maniera incoerente o disomogenea con i servizi di prima necessità e con le emergenze più preoccupanti che il mondo ci sollecita (a cominciare dal cambiamento climatico). Oltre al fatto che in proporzione il pagamento delle imposte pesa di più su chi ha meno, ovvero più si è ricchi e meno imposte si pagano (questo punto lo approfondiremo, ma fidatevi: è così).
È bruttissimo che le imposte siano destinate a servizi inutili. Pagare le imposte è bellissimo se si contribuisce al benessere; ma se quelle imposte finiscono al TAV, al Ponte sullo Stretto di Messina, togliendo ossigeno alla scuola pubblica o alla sanità e alimentando opere dannose per l’ambiente e per chi ci abita, si arriva così a fare un doppio danno con una sola azione.
Se le imposte fossero gestite con saggezza e con vicinanza da chi ci governa, allora anche “i miliardari” (che come proclama Bernie Sanders “non dovrebbero esistere”) sarebbero più invogliati a pagare le imposte, invece di fare beneficenza. Pagare le imposte è un moto silenzioso; fare beneficenza, invece, è spesso un gesto eclatante. Chi non fa beneficenza in silenzio spesso la utilizza per donare ciò che tanto dovrebbe essere già versato in tassazione, ottenendo però un guadagno di immagine oltre che economico (perché spesso le donazioni verso enti benefici portano detrazioni…proprio sul pagamento delle imposte). In questo senso, fare beneficenza di un certo tipo diventa un modo non solo per sottrarre quegli stessi soldi dalle imposte dello Stato, ma anche per ottenere nuovi sgravi sugli altri redditi dichiarati. Quando invece il miglior modo di fare beneficenza per il bene di tutti e tutte sarebbe solo…pagare le imposte. Sarebbe bellissimo.
E sarebbe ancora più bello se le pagassimo tutti e tutte e cominciassimo poi a vigilare su come queste imposte vengono spese dai nostri governanti.
Tenendo gli occhi aperti.
Sottofronte.


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